Attività Anti-Stalking - Mobbing

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Lo stalking sono atti molesti e continui posti in essere per perseguitare ed affliggere una persona generandogli stati d’ansia, paura e malessere psicologico e arrivando persino a comprometterne il regolare svolgimento dell’attività quotidiana. Nei casi più gravi può portare all'aggressione fisica e persino alla morte.

Generalmente lo stalking si realizza attraverso l’invio di regali indesiderati, messaggini su carta, sms, scritte sui muri, telefonate insistenti, pedinamenti, appostamenti nei luoghi frequentati abitualmente dalla vittima, continue intrusioni nella vita privata.

Lo stalking non è sempre facilmente dimostrabile, specie se a perpetrarlo sono persone appartenute alla sfera affettiva della vittima.

Ecco perché diventa fondamentale affidarsi a personale altamente specializzato e qualificato.

Stalking: come e quando riconoscerlo?

Lo stalking consiste in atti persecutori [1], cioè in una serie di condotte intrusive e fastidiose che vittimizzano la vita quotidiana personale, affettivo-relazionale e anche lavorativa di una persona. In sostanza, è una forma di aggressione fisica o psicologica e di persecuzione reiterata e sgradita nei confronti di un altro individuo. I comportamenti oppressivi sono messi in atto da un “offender”, chiamato stalker, che causa paura, gravi stati di ansia ed elevato disagio a chi li subisce, costretto a dover cambiare le proprie abitudini di vita o a temere spesso per la propria vita o per l’incolumità di una persona cara. Bisogna stare attenti e mai sottovalutare determinati modi di relazionarsi atipici ed invadenti al fine di riconoscere subito che si tratta di stalking e correre ai ripari.

In quali casi le eccessive attenzioni diventano persecuzione?

Sicuramente, quando le attenzioni non sono più tali, ma si trasformano in ossessione, in quotidiane reiterate molestie che provocano nella vittima una sorta di paura di rimanere soffocata nella prigione creata dallo stalker. Non si ha una semplice attenzione quando un compagno che, in un primo momento era apparso agli occhi della fidanzata assai premuroso, inizia con assillanti comportamenti di sorveglianza e di controllo della vita della compagna e con minacce e condotte così invasive da sopprimere la sua tranquillità e la sua libertà di autodeterminarsi. Bisogna prestare molta attenzione a certi tipi di esagerata attenzione. All’inizio possono lusingare, ma poi con il passare del tempo , rendendosi conto di quanto siano intrusivi, assillanti e molesti, bisogna subito correre ai ripari senza indugio. E’ veramente inquietante il dato statistico che evidenzia come il 55% dei casi di stalking avviene nelle relazioni di coppia, soprattutto da parte di ex partner.

Ti senti vittima di un pedinamento? Pedinata da uno sconosciuto o da un ex che conosce bene le tue abitudini? Magari, all’inizio, pensavi si trattasse di pura coincidenza ma, ora, ti senti come braccata e tutto questo ti provoca uno stato di ansia anzi, peggio, di panico. Temi per la tua incolumità, pensi che quel tipo che ti pedina come un’ombra non è solo curioso ma ha intenzione di farti del male, di aggredirti dietro l’angolo, di minacciarti. Hai paura. Ne hai parlato con poche amiche, non sai che fare e come muoverti affinché tutto questo finisca.

Se ti trovi in uno stato di ansia e turbamento o se, addirittura, temi per la tua incolumità, vuol dire che il pedinamento si è trasformato in qualcosa di più: quel ‘qualcosa’ che la legge chiama molestia oppure stalking, due reati per i quali la persona che ti ‘segue’ va assolutamente denunciata.Vediamo cosa dice la legge in merito e come puoi muoverti di conseguenza per tutelarti.

Pedinamento: quando diventa molestia

Come puoi tutelarti da una persona che ti pedina ormai regolarmente? Più i giorni passano, più tremi e ti senti in preda a svariate sensazioni: rabbia, paura, confusione, nausea, insicurezza. Non vuoi subire più quell’ombra, quel fiato sul collo che condiziona sempre di più la tua vita.

Il pedinamento, l’atto del seguire (di nascosto o meno) una persona, nel nostro ordinamento non è di per sé un reato e non viene punito dal Codice Penale perché, di base, non viola la privacy verificandosi in un luogo pubblico. Può trattarsi di un ammiratore, un ex fidanzato, un amico, un parente: se ti accorgi che sei seguita, in teoria non puoi fare nulla per legge.

In un Paese civile, però, è nostro diritto difenderci da tutto ciò che rappresenta un ‘disturbo’ o un ‘pericolo’ per la nostra incolumità e salute psicofisica. Anche nel caso di pedinamento, esistono gli strumenti giuridici per difendersi. Per trovare questi strumenti, bisogna capire innanzitutto dove finisce il pedinamento e dove inizia la molestia o lo stalking.Se il pedinamento è discreto e non crea particolari paure, lo ‘spione’ non commette reato. Se crea turbamento, ansia, disturbo e disagio può scattare il reato di molestia che, invece, è punito dal Codice Penale.

Reato di molestia: art. 660 del Codice Penale

Il Codice Penale definisce il reato di molestia un atto che determina nella vittima un senso di disagio, tormento, irritazione, un vero e proprio turbamento del proprio benessere fisico e morale. Il persecutore si muove con la precisa volontà di dare fastidio, disturbare, molestare, importunare, interferire inopportunamente nella sfera di libertà della vittima, senza un giustificato motivo.

Per individuare il reato di molestia, l’atto di pedinamento deve essere compiuto in un luogo pubblico (strada, piazza) o aperto al pubblico (cinema, teatro). L’art. 660 del Codice Penale stabilisce che: “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a 6 mesi o con l’ammenda fino a 516 euro.”

Se un padre segue l’ex moglie con il preciso scopo di vedere suo figlio non commette reato di molestia anche se la sua ex prova fastidio. In altri casi, quando è presente l’elemento fondamentale dello stato di ansia, disturbo e disagio, chi pedina può essere denunciato per molestie.

Stalking su WhatsApp e Facebook

Non conta che le molestie e le persecuzioni siano rimaste a uno stadio virtuale e che la vittima possa bloccare il contatto con l’ausilio dello smartphone: rileva lo stato di ansia e di timore procurato a quest’ultima per aversi stalking.

Se una persona ti perseguita con una serie di messaggi sul cellulare o su Facebook e, oltre a bloccare il suo contatto, non sai come difenderti, tanto che la situazione ha iniziato a influenzare il tuo stile di vita e a generarti ansia, lo puoi denunciare per stalking. Questo perché gli atti persecutori non sono solo gli appostamenti, le continue telefonate, gli squilli a mezzanotte o i pedinamenti con l’auto. Qualsiasi comportamento, tale da alterare le abitudini di vita quotidiana di un soggetto o di generare in lui uno stato di turbamento psicologico o da fargli temere per la propria sicurezza o quella dei propri cari, può rientrare nello stalking. E questo a prescindere dalle ragioni per cui la persecuzione viene attuata. Anche il creditore che “stressa” il debitore per ottenere la restituzione di un prestito o il pagamento di una fattura, anche il marito che tempesta di messaggi l’ex moglie dopo aver scoperto la sua nuova relazione possono essere incriminati. Insomma stalking ad ampio raggio. E il rischio qual è? Naturalmente, oltre al processo penale, può scattare l’obbligo di non avvicinarsi più alla vittima o ai luoghi da questa frequentati. Sono questi, in sintesi, gli ammonimenti che escono da una recente sentenza della Cassazione [1] che ha appunto ripreso il delicato problema dello stalking su WhatsApp e Facebook.

Stalking anche se si può bloccare il contatto?

Se una persona ti stressa con continue telefonate o messaggi, cosa fai innanzitutto? Le nuove app e i moderni smartphone consentono di “bloccare” il contatto. Bastano un paio di passaggi per fare in modo che da quella numerazione o profilo social non giungano più molestie nei tuoi confronti. Niente più messaggi su WhatsApp, niente più chat su Facebook, post e controlli “remoti”. La difesa tecnologica viene quindi prima di quella legale, è più efficiente, immediata e – cosa di non poco conto – gratuita. Ma il fatto di sapere che una persona sta continuando – pur impedita dalla tecnologia – a contattarti potrebbe generare in te una forma di ansia non facilmente eliminabile neanche dai potenti strumenti dell’elettronica. Ecco perché, nonostante sia possibile bloccare il mittente, il reato di stalking continua ad essere configurabile. Questo per una semplice e banale ragione. Il codice penale non dice quali sono le condotte che determinano lo stalking, ma definisce il reato sulla base delle conseguenze che detti comportamenti – qualsiasi essi siano – generano sulla vittima.

Essi sono:

• cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura

• oppure ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva

• oppure costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è la reclusione da sei mesi a cinque anni. Ma non solo. Ci può anche essere l’ordine di allontanamento dai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, il che non è poca cosa se si tiene conto che si tratta di una misura suscettibile di incidere sulla libertà di spostamento di una persona.

Stalking anche per le molestie virtuali?

Il pregio della sentenza in commento è di aver ritenuto sussistente il reato di stalking (più propriamente detto «atti persecutori») anche in presenza di continue e asfissianti comunicazioni via telefono, Facebook e WhatsApp. Secondo i giudici della Cassazione è del tutto ininfluente che le minacce siano rimaste solo “virtuali” e non si siano tradotte in un comportamento concreto. Ciò che conta è che esse abbiano generato una condizione di stress nella vittima o uno comunque dei tre effetti che abbiamo elencato sopra. L’importante, in sintesi, è che i comportamenti tenuti dal reo siano valutabili come «idonei a determinare un effetto destabilizzante in una persona comune».

Nel caso di specie è finito sotto accusa per stalking il marito per aver tempestato di messaggi la moglie; la sua condotta si è aggravata dopo averne scoperto la relazione con un altro uomo. Era emerso che l’uomo aveva «reiteratamente molestato e minacciato l’ex moglie con continue comunicazioni a mezzo telefono, Facebook e Whatsapp, così cagionandole un perdurante stato di ansia e di paura». Consequenziale è l’adozione del «divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna».